Il G8 a Evian e le guerre popolari
Nei primi giorni di giugno si svolgerà a Evian, ai confini con la Svizzera, un incontro del G8. Rappresentanti dei governi delle principali potenze imperialiste del mondo si riuniranno in una piccola cittadina circondata dalle Alpi, con una sola strada di accesso. E' stata già decretata una "zona di esclusione" del raggio di una decina di Km e i "social forum" stanno concordando con il governo Svizzero iniziative e manifestazioni in luoghi ben distanti dalla stessa cittadina. Dopo la rivolta del 2001 di Genova si è affermata la linea di tenere i G8 in luoghi poco accessibili alle manifestazioni di massa. Se da un lato questo evidenzia un risultato politico ottenuto con le proteste tenutesi negli ultimi anni in vari paesi del mondo in occasione degli incontri del G8, dall'altro determina delle condizioni che rendono più difficile poter tenere delle manifestazioni combattive di massa.
Evian si presenta come un appuntamento che seppur significativo è segnato in partenza da un contesto di limitazioni e restrinzioni impensabile in una qualunque città metropolitana, tutto questo oggi finisce per avvantaggiare di fatto un'impostazione che mira a ricondurre le proteste contro il G8 all'interno della linea dei cosidetti forum mondiali contro la globalizzazione. Una linea filo-imperialista fondata sulla confusa e inconsistente distinzione tra un "capitalismo buono" ed un "capitalismo neo-liberista" e che pretende di individuare, all'interno della stessa "globalizzazione", tendenze progressive (vedi per es. la toria della "crisi degli stati nazione" in nome della quale si condannano come arretrate e reazionarie le lotte rivoluzionarie dei popoli oppressi).
Di fronte a Evian l'operazione che, seppur in tono minore, sta venendo avanti è comunque quella di riproporre e rimettere in campo un ennesimo "controvertice" all'insegna di un riformismo fumoso ed eclettico e di un pacifismo reazionario.
In questo modo, proprio quando il G8 ad Evian attesta, anche sotto il profilo simbolico, l'unità di fondo tra le principali potenze imperialiste nella loro lotta contro i popoli oppressi e contro la classe operai ed i lavoratori di tutto il mondo, i socialdemocratici, i revisionisti e gli opportunisti, in nome dell'opposizione al "neo-liberismo", continuano a contrabbandare il capitalismo come unica base possibile per la pace, la democrazia, la giustizia e la dignità. Cosa che sarebbe semplicemente illusoria se non esprimesse contemporaneamente i concreti interessi sociali di vari strati sociali di aristocrazia operaia e di piccola borghesia intellettuale, anche precaria e marginale, il cui destino e i cui privilegi sono legati ai sovraprofitti imperialistici, alla cogestione dei processi di privatizzazione dei servizi sociali, alle cooperative, alla cooperazione internazionale ed alle imprese no profit, imprese queste ultime che guardano a tutte le "zone di conflitto" come campo di espansione della propria iniziativa.
Non si tratta però solo di questo, il pacifismo può essere considerato come un'illusione o come un'espressione di una volontà imbelle solo quando è un pacifismo che si contrappone, pur superficialmente ai potenti ed ai guerrafondai, ma oggi non si tratta più sostanzialmente di questo vecchio tipo di pacifismo. Oggi la forma di pacifismo che è egemone all'interno dei forum mondiali contro la globalizzazione, che ha predominato nel forum di Porto Alegre e nello stesso forum di Firenze e che in un paese come l'Italia è ben rappresentato dalla rete Lilliput, dall'associazionismo no profit, da Agnoletto e da Bertinotti, è un pacifismo diverso. Un "pacifismo" che di fronte ai primi accenni di resistenza armata del popolo irakeno all'invasione americana preferisce sbaraccare le iniziative contro la guerra in nome di un'opposizione di principio a tutte le guerre pur di evitare una crescita politica ed ideologica del movimento di massa.
Questo tipo di pacifismo che per non contribuire a radicalizzare la lotta contro la guerra e contro la globalizzazione imperialista preferisce correre il rischio di disperdere energie ed esperienze di centinaia di migliaia di giovani e di lavoratori, non è altro che una lunga coda di quella "socialdemocrazia", da Blair a D'Alema e Fassino, che in ultima analisi non è altro che l'altra faccia di Bush, di Berlusconi, di Bossi e di Fini.
Il G8 ad Evian dimostra come la guerra infinita di Bush rappresenta oggi gli interessi di fondo di tutte le principali potenze imperialiste che sono parzialmente divise solo sul modo con cui condurre questa guerra e soprattutto su chi, tra le stesse potenze, deve trarne direttamente i maggiori vantaggi.
Di fronte ad un G8 che nella sostanza sancisce gli esiti imperialistici della guerra contro l'Irak e che nelle linee di fondo ribadisce l'appoggio alla prospettiva della "guerra infinita" risalta ulteriormente il carattere reazionario di chi appellandosi all'Onu, all'Europa o ad un presunto fronte di opposizione a Bush rappresentato dalla Francia, dalla Germania e dalla Russia, nega ai popoli del mondo la legittimità della rivoluzione come strada per la liberazione dall'oppressione dell' imperialismo.
Ugualmente è sempre lo stesso G8 ad Evian che attesta l'unità di fondo, tra le potenze imperialiste di tutto il mondo, circa la necessità di scatenare, contro gli stessi operai e lavoratori dei paesi imperialisti, nuove ondate offensive in termini di attacchi ai salari, alle pensioni, alla sanità, alla scuola, ai servizi socili pubblici, alle condizioni di vita e di lavoro. Governi come quelli di Berlusconi, Bossi e Fini, non sono un'abberrazione, ma una coerente articolazione sul fronte interno della guerra infinita e di una generale offensiva antioperaia e antipopolare, un'articolazione che, date le caratteristiche storiche, politiche e sociali, dell'Italia, assume necessariamente in questo paese una forma estrema sempre più indirizzata in senso eversivo.
La radicalità delle questioni in campo, dalla guerra infinita, alle nuove offensive antioperaie e antipopolari, al sempre più spiccato carattere modernamente fascista di governi come quello di Berlusconi, rendono insulsa e priva di reale fondamento qualsiasi prospettiva che non si riproponga la costruzione di un'alternativa altrettanto radicale.
La guerra popolare, come strategia universale per la rivoluzione operaia e popolare applicabile in tutti i paesi del mondo in modo diverso a seconda delle diverse condizioni, rappresenta oggi l'unica vera alternativa alla guerra imperialista e al fascismo moderno.
Di fronte al G8 di Evian è la prospettiva della guerra popolare su scala mondiale che va evidenziata come unica possibilità di emancipazione e liberazione.
Si tratta di una prospettiva che i lavoratori e i popoli del mondo non possono che perseguire con ritmi diversi, ma che vede inevitabilmente collegati gli interessi e le sorti del proletariato di ciascun paese con il proletariato di tutti gli altri paesi del mondo. In questo senso oggi il cuore dell'opposizione all'imperialismo, alle sue guerre, al fascismo moderno, è rappresentata in primo luogo dalle lotte rivoluzionarie dei popoli oppressi, in particolare dalle gloriose guerre popolari che dal Peru al Nepal, all'India e alle Filippine aprono la strada allo sviluppo della rivoluzione mondiale sotto la bandiera del maoismo e sotto la direzione dei partiti comunisti di nuovo tipo. Queste guerre popolari guidate da autentici partiti comunisti marxisti-leninisti-maoisti rappresentano contemporaneamente sia un reparto avanzato del proletariato internazionale che indica la strada che deve percorrere il proletariato di ciascun paese, sia l'unico concreto, reale sostegno, su scala planetaria per lo sviluppo della lotta e dell'organizzazione rivoluzionaria degli operai, dei lavoratori e dei giovani all'interno delle stesse potenze imperialiste.
proletari comunsti
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